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 Leggende siciliane...

 La Sicilia, una delle isole più importanti del Mar Mediterraneo, è forse la terra che più delle altre offre uno dei migliori scenari culturali e folcloristici in grado di provocare nel visitatore grande suggestione ed emozione.

Culla di passate e varie dominazioni come quella dei remoti Fenici, Greci e Bizantini e dei “più vicini” Normanni, Spagnoli ed Austriaci.

Crocevia di miti, leggende, tradizioni sacre e profane millenarie dalle radici che affondano nelle tradizioni greche, nella religione e nelle più profane credenze popolari.

Ancora oggi, vengono narrati dagli anziani del paese come fiabe per stupire i bambini, affascinandoli con grandi misteri, che sono storia e magia di un luogo da mille incanti.

Ricordiamo in questa pagina alcune leggende...

  Fata Morgana

Dopo aver condotto Re Artù, suo fratello, ai piedi dell'Etna, Morgana non se ne andò più dalla Sicilia, dove era giunta con il suo vascello. Stabilì la sua dimora tra l'Etna e lo stretto di Messina, dove i marinai non osavano avvicinarsi a causa di forti tempeste, e sì costruì un palazzo di cristallo. Morgana abita qua da più di mille anni e di tanto in tanto richiama alla memoria Camelot, i castelli, le foreste incontaminate ed altri ricordi felici. La fata certe volte si diverte a scoprire la gente con immagini ingannevoli. Si dice che Morgana esca dall'acqua con un cocchio tirato da sette cavalli, per quanto abbia anche un vascello d'argento. Quando Morgana esce dal mare getta nell'acqua tre sassi e traccia dei segni nel cielo: allora il mare si gonfia, dopo diventa come un cristallo; su di esso compaiono immagini di uomini e di città.

Da alcuni documenti risale la testimonianza di Padre Ignazio Angelucci, che dice di aver assistito ai prodigi della fata Morgana nel giorno dell' Assunta del 1643: egli racconta di aver visto dalla sua finestra il mare gonfiarsi, e poi diventare come un cristallo e su questa "piazza di cristallo" si riflettevano immagini di città bellissime, pilastri, arcate, castelli e si trasformavano in una fuga di finestre che si trasformava a loro volta in selve, pini, cipressi e grandi teatri.

Padre Ignazio dice che aveva sentito parlare di questo fenomeno ma non ci aveva creduto, però dopo averlo osservato con i propri occhi poté affermare che era più stupefacente di quanto si potesse immaginare. La leggenda trae spunto da un fenomeno che realmente si verifica nello stretto di Messina in particolari condizioni atmosferiche.

La leggenda di Tifeo

E’ la leggenda che stabilisce che la Sicilia è sorretta dal gigante Tifeo che, osando impadronirsi della sede celeste, fu condannato a questo supplizio.

Con la mano destra sorregge Peloro (Messina), con la sinistra Pachino, Lilibeo (Trapani) poggia sulle sue gambe e sulla sua testa l'Etna. Tifeo vomita fiamme dalla bocca. Quando cerca di liberarsi dal peso delle città e delle grandi montagne la terra trema.

I giganti Mata e Grifone

 

A Messina viveva una bella ragazza dalla grande fede cristiana, figlia di re Cosimo II da Casteluccio; il suo nome Marta in dialetto si trasforma in Matta o Mata. Verso il 970 dopo Cristo il gigante moro Hassan Ibn-Hammar sbarcò a Messina, con i suoi compagni pirati e incominciò a depredare nelle terre in cui passava. Un giorno il moro vide la bella fanciulla e se ne innamora, la chiede in sposa ma ottiene un rifiuto. Ciò provocò l'ira del pirata che uccise e saccheggiò più di prima. I genitori, preoccupati, nascosero Marta, ma il moro riuscì a rapirla con la speranza di convincerla a sposarlo. Marta non ricambiava il suo amore trovando nella preghiera la forza a sopportare le pressioni del moro. Alla fine, il moro si converte al cristianesimo e cambia il suo nome in Grifone. Marta apprezza il gesto e decide di sposarlo. La tradizione ci tramanda che furono loro a fondare Messina.

  Suor Eustochia Calafato

Tale miracolo avviene a Messina, esattamente nel monastero di Montevergine ed al cadavere di tale suora morta del 1491: le crescono le unghie e i capelli che ogni anno, nel giorno a lei dedicato, le vengono tagliati. Esmeranda Calafato nacque nel 1837. Nonostante fosse una ragazza molto bella ed appartenente ad una ricca famiglia, si dedicava esclusivamente alla vita spirituale. Nell'adolescenza un giovane signore si innamorò di lei, ma la ragazza, per evitare le tentazioni, entrò nel monastero di Basicò. Non contenta delle ristrettezze e della vita spirituale di quel monastero, ottenne dei soldi da un ricco zio per fondare il monastero di Montevergine. Si dice che il suo spirito avverta le suore della loro prossima morte parecchie settimane prima attraverso un rumore cupo.

La Dama Bianca

 

Sulla scogliera che sostiene i ruderi del vecchio castello Duino, si scorge una roccia bianca, che ricorda una figura femminile avvolta da un mantello.

Viveva nel castello una nobile dama e il suo signore, un castellano crudele. Una notte l'uomo la gettò dalla roccia e la sventurata, cadendo, lanciò un urlo così straziante che il cielo, impietositosi, la trasformò in roccia.

Da allora, ogni notte, verso la mezzanotte, l'infelice si stacca dalla roccia e vaga per il castello. All'alba si allontana e sconsolata ridiventa pietra.

La Baronessa di Carini

 Il fatto avvenne nell'autunno del 1502 a Carini. Qui abitava nel suo castello la baronessa di Carini. Ella,da quando si era sposata,per l'imposizione del padre, con il barone di Carini, il potentissimo Don Cesare Lanza, era molto malinconica e infelice.

Il matrimonio,infatti, non si era dimostrato quanto ella aveva desiderato da adolescente. Suo marito la trascurava sempre di più. Eppure era molto bella e quindi non le mancavano gli ammiratori e spasimanti.

Nella sua mente spesso si presentava Ludovico Vernagallo che, durante le funzioni religiose, la fissava e la seguiva in ogni suo movimento. Inoltre, specie negli ultimi tempi egli transitava per il castello. Eppure la baronessa pensava che il suo sogno di concedersi a Ludovico era impossibile.

Tra l'altro Ludovico Vernagallo era nemico di suo padre per motivi di interesse. Una sera la baronessa era immersa in questi suoi rosei sogni quando si accorse che la porta della sua stanza era aperta e sulla soglia vi era un uomo!. Era Ludovico Vernagallo che la fissava già da alcuni minuti. Si avvicinò a lui piena di rabbia perchè si era permesso di osare tanto, ma, invece di colpirlo o rimproverarlo,  cadde tra le sue braccia. Iniziò così la breve e tumultuosa relazione tra la Baronessa di Carini e Ludovico Vernagallo. Essi potevano trasmettere i loro desideri o con missive frettolose o con incontri furtivi pieni di baci.

L'ultimo loro incontro fu il più bello e infuocato, pieno di carezze e d'amore ubriacante. Ma dietro la porta erano presenti suo marito e il proprio padre che, pieni d'ira, uccisero i due amanti. 

La Baronessa sanguinante appoggiò la sua mano sulla parete prima di accasciarsi definitivamente, stabilendo il fenomeno che ancora oggi, si manifesta in quel luogo oscuro.

ogni anno nella ricorrenza della sua morte, sul muro compare la sua mano sanguinate e, si sente fra le mura del castello il pianto e le urla strazianti.

La leggenda di Scilla

Scilla, figlia di Crateide, era una ninfa stupenda che si aggirava nelle spiagge di Zancle (Messina) e fece innamorare il dio marino Glauco, metà pesce e metà uomo. Rifiutato dalla ninfa, il dio marino chiede l’aiuto della maga Circe, senza sapere che la maga stessa era innamorata di lui.

La maga, offesa per il rifiuto del dio marino alla sua corte, decide di vendicarsi preparando una porzione a base di erbe magiche da versare nella sorgente in cui Scilla si bagna usualmente.

Appena Scilla si immerge, il suo corpo si trasforma e la parte inferiore accoglie sei cani, ciascuno dei quali con una orrenda bocca con denti appuntiti. Tali cani hanno dei colli lunghissimi a forma di serpente con cui possono afferrare gli esseri viventi da divorare.

A causa di questa trasformazione, Scilla si nasconde in un antro presso lo stretto di Messina. Decide anche di vendicarsi di Circe privando Ulisse dei suoi uomini mentre lui stava attraversando lo stretto. Successivamente ingoia anche le navi di Enea.

La leggenda vuole che Eracle, attaccato dalla ninfa mentre attraversa l’Italia con il bestiame di Gerione, la uccide, ma il padre della ragazza riesce a richiamarla in vita grazie alle sue arti magiche.

Il suo nome ricorda “colei che dilania”. Insieme a Cariddi, per i greci impersona le forze distruttrici del mare. Queste due divinità, localizzate tra le due rive dello stretto di Messina, rappresentano i pericoli del mare.

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